1964 – 2014, tutto è per sempre
Ispirato da una storia vera.
Nel 1964 un’ email era una bacheca di vetro dietro cui leggere gli annunci che l’azienda voleva diffondere tra i dipendenti e Facebook era il tavolo della mensa dove i “mi piace” e gli “status” erano espressi con una parola o un’atteggiamento del viso.
George e Susan erano da poco entrati in British Airways e, in realtà, non volevano neanche partire per la luna di miele. Si erano sposati in un weekend di inizio estate e il lunedì erano di nuovo al loro posto di lavoro, all’ufficio relazioni col pubblico di Brentford.
Però quella locandina con il castello sulla cima dello stretto isolotto e le barche dei pescatori tutte intorno li aveva proprio incuriositi.
Dov’era quel posto? Non avevano mai sentito parlare di “Ischia”.
Il padre di Susan, durante la guerra, era sì sbarcato in Sicilia, ma si era beccato subito una pallottola in un ginocchio ed era stato spedito all’ospedale militare di Malta. Quindi l’Italia l’aveva appena intravista . Nonostante i mirabolanti racconti.
Chiesero, dopo molte titubanze, di far coincidere le ferie matrimoniali con qualche giorno di vacanza e partirono.
Nel 1964 le distanze erano più grandi. Atterrarono a Roma e con un treno lentissimo raggiunsero la pittoresca e caotica Napoli. Così tanto diversa dall’estrema periferia londinese dove abitavano.
Faceva caldissimo e arrivare al traghetto, nel porto, rappresentò forse la più grande avventura vissuta da entrambi fino a quel momento.
Sul ponte del traghetto verso Ischia guardavano il rumore dell’enorme città allontanarsi nella scia bianca sotto il volo dei gabbiani e pensavano di essere dei sopravvissuti.
Quello che li colpì all’arrivo nel piccolo porto di Ischia fu il verde che ricopriva ogni forma dell’isola che emergeva dall’azzurro dell’acqua.
Sembrava che Dio non avesse voluto lasciarle scoperto neanche un lembo per paura del sole. Chiaro, alto e caldo. Assolutamente un’altra stella rispetto a quanto conosciuto in patria.
Il tassista li portò in un piccolo albergo/ristorante che conosceva. Il viaggio fu particolare e impervio su un curioso mezzo a tre ruote tra strade dissestate e una vegetazione che sembrava volesse prendere il sopravvento su tutto.
Susan si teneva con una mano il largo cappello a falde che le aveva dato la madre e George cercava di non far rotolare le valige fuori dal trabiccolo. Dopo qualche minuto di viaggio si ritrovarono a guardarsi. Prima sorridendo e poi iniziando a ridere come ragazzini.
Li accolse una scritta con vernice su un pezzo di legno “Ristorante l’aranceto” e un signore alto, dall’aspetto sorprendentemente british, che spiegava che lui era il signor Buono, “Mr. Good”.
Susan chiese subito dove fosse il castello sull’isola.
“Mr Good”, per evitare confusioni interpretative indicò il piccolo corso del Borgo di Ischia Ponte.
Si sedettero sulla panchina di fronte all’isolotto con il castello sopra. Proprio come nella locandina della British Airways.
Erano stanchi, sudati, leggermente scossi ma irrimediabilmente e indelebilmente felici.
Alice alza per un attimo gli occhi dal suo smartphone e guarda nonna Susan assopita sulla poltrona davanti al televisore. Sorride.
Nonno George è in giardino. Sta potando le rose e mettendo a dimora dei bulbi che gli hanno detto fare fiori incredibili anche nella tiepida primavera inglese.
Alice si affaccia dalla finestra. Grida: ” Hei nonno, dov’è il “castello aragonese” in Italia?”.
George è come se sentisse, improvvisamente, sul viso un sole caldo a scottarlo. Lascia cadere le forbici.
Risponde: “Dov’è la nonna?”.
Una decina di minuti dopo, sotto input di George, la nonna è sveglia e Alice sta digitando in maniera rapida sul tablet.
“Ecco fatto nonno. Il posto adesso si chiama Hotel Europa e vi ho prenotato un soggiorno per una settimana con la tua carta di credito. Figo festeggiare così i vostri 50 anni di matrimonio!”.
Susan è preoccupata ma sorride a entrambi mentre accarezza i biondi capelli di Alice.
Con l’aereo, questa volta, arrivano direttamente alla città del caos: Napoli.
L’aeroporto però è organizzato e abbastanza efficiente.
Per forza! E’ gestito da gente della British Airways!
Il passaggio verso il traghetto è sempre “particolare”.
Dai finestrini del taxi guardano quel caos, più moderno ma sempre terrificante, come da fuori ad un acquario.
L’isola che gli si presenta davanti è meno verde ma affascinante e calda.
Sembra tutto più piccolo. I ricordi, chissà perchè, rendono più grande ciò che si è vissuto con emozione.
Arrivati all’Hotel Europa sia George che Susan hanno un sussulto quando vedono che dietro il banco della reception c’è lo stesso uomo che li aveva accolti 50 anni prima.
Per lui il tempo non è passato?
Invece quel nuovo “Mr Good” è il figlio. Altrettanto gentile e cordiale ma con più dimestichezza con l’inglese.
Susan ricorderebbe benissimo la strada per il castello ma gliela chiede comunque.
“You’re lucky. We’re very close to the castle”. “Siete fortunati. Siamo vicinissimi al castello”.
“We know it. We’re here again.””Lo sappiamo di essere fortunati. Siamo qui. Di nuovo.”
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