A Ischia: io, lei e il pancione (quarta parte)

maggio 13, 2013 at 12:04 pm

[prima parte] – [seconda parte] – [terza parte]

Se c’è un periodo dell’anno in cui quelli che aspettano un bambino, o che lo hanno appena avuto, sono molto distinguibili è l’estate.
Hanno sempre questo aspetto stanco, dimesso e la carnagione lattiginosa come di chi non ha mai preso sole.
Immagino che la nostra passeggiata serale nelle vie dello shopping ischitano ispirasse più di una considerazione del genere.
In giro, invece, tutti abbronzatissimi e in forma come se si stessero godendo queste vacanze estive da chissà quanti mesi.
I più piccoli euforici per una libertà che difficilmente avrebbero in città.
I ragazzi a prendersi l’aperitivo post mare, pre serale, pre tarda notte e pre tante cose che si fanno d’estate.
Quelli un po’ più attempatelli alla ricerca del ristorante nuovo da provare, ma sempre col golfino sotto braccio perché “non si sa mai”.
E noi, più che mai “turisti per caso”, consci che quei pochi giorni sarebbero stati solo una breve tregua prima di impegni più gravosi.
Con molta calma e una mezza dozzina di tappe arriviamo al porto.
Sulla banchina opposta a quella dove eravamo sbarcati qualche ora prima c’è una serie interminabile di ristorantini e locali.
Vogliamo sederci, mangiare qualcosa ma soprattutto goderci la serata.

I gestori dei ristoranti sono tutti fuori ai loro locali, in traiettoria di intercettazione del turista passeggiante. Una versione vagamente più aggressiva del tassista-felino.
Passiamo davanti al primo ristorante e il gestore ci chiede se vogliamo sedere e mangiare del “pesce freschissimo” che, per questo motivo, lui espone nella vetrinetta. “Perchè lui non ha niente da nascondere”. Ringraziamo ma decliniamo l’invito per il momento.
Davanti al secondo ristorante, il relativo gestore ci fa lo stesso invito a sedere e mangiare del pesce freschissimo che, per quel motivo, lui NON espone all’aria per non pregiudicarne la freschezza.
Nel pronunciare le ultime parole, alza un po’ il tono di voce.
Anche in questo caso decliniamo l’invito.
La scena si ripete altre volte più o meno nella stessa maniera e con una divisione equa tra seguaci e oppositori della vetrinetta.
Ci fermiamo davanti ad un locale che non sembra un ristorante.
Effettivamente è una specie di pub.
Più piccolo rispetto ai ristoranti ma molto carino e con le candele accese su ogni tavolino. . L’atmosfera è più rilassata e rilassante.
Seduti ci sono solo tre coppie di pensionati tedeschi che, a giudicare dalle voci impastate e dalle guance rosse, devono stare lì già da abbastanza giri di birra.
Ci sediamo vicino al gruppetto ma in modo tale che Lorena non stia troppo costretta. Il ragazzo del locale ci porta subito dei menù e cambia la candela sul tavolo ormai prossima alla fine.

Finalmente il vento molto fresco che ha spirato per tutto il pomeriggio è calato e la serata riacquista il tepore estivo.
Le barche, ormeggiate a pochi metri dai tavolini dove siamo seduti, oscillano leggermente. Ogni tanto si sente qualche rumore di parabordo che si comprime nell’oneroso tentativo di tenerle ben separate.

Ad un certo punto, mentre il ragazzo del locale ci porta le pietanze che abbiamo ordinato, arriva una signora.
In realtà avevo cominciato ad adocchiarla già da un centinaio di metri di distanza perchè era difficile non notarla.
Abbronzatissima, truccatissima e sovrastata da una vistosa chioma biondo platino, con indosso abiti setosi e luccicanti che sembravano usciti da una favola mediorientale.
L’oro era il colore dominante. Così come l’oro era il metallo più presente su mani, polsi, collo e lobi delle orecchie. A Napoli direbbero che sembrava la Madonna dell’Arco, riferendosi alla statua riccamente ingioiellata della Vergine che viene portata in giro in certe processioni.
La signora è anche lei tedesca e conosce i nostri vicini di tavolo.
Si siede con loro con piacere e garbo ma si vede che vuole tenere una certa distanza con quei coetanei che mostrano in maniera più evidente la loro età.
La madonna tedesca ordina subito una bottiglia di prosecco in perfetto italiano ed anche in questo mostra la sua volontà di non mischiarsi con gli altri (oltre al fatto di essere una habituè dell’isola).

Quando stiamo per pagare e andarcene, passano due ragazzi sulla ventina. Sono bellocci e portano magliette di un paio di misure più piccole per mettere in evidenza i muscoli da palestra.
Si accorgono che la madonna tedesca è seduta ad uno dei tavoli e la salutano mandando baci e sorrisi. La madonna risponde con enorme calore. Li conosce e manda messaggi abbastanza espliciti tra lo scalpore dei suoi commensali.
Mi sfugge un “Hai capito?!”.
Decisamente non ci sono più le madonne di una volta.
Piano piano, e commentando divertiti il colorito episodio, ci reincamminiamo verso l’Hotel Europa.

[fine quarta parte]

A Ischia: io, lei e il pancione (terza parte)

maggio 6, 2013 at 12:15 pm

[prima parte] – [seconda parte]

Arriviamo davanti all’ingresso del Hotel Europa.
Il nostro amico tassista ci dà una mano con il bagaglio anche se non ce ne sarebbe bisogno.
Ci salutiamo affettuosamente mentre ci ricorda un’ultima volta che è “a disposizione per qualsiasi cosa”.

Ad accoglierci nella hall c’è Sandro, il padrone di casa, che assieme al fratello gestisce la struttura.
Non è la prima occasione che siamo ospiti dell’Europa ma ogni volta è un po’ come tornare a casa di un amico. Veniamo accolti con calore e anche l’arredamento (tra il demodè e il familiare) contribuisce a rendere piacevole l’esperienza dell’arrivo.
Sandro ci dà una stanza molto graziosa. Fresca e con l’affaccio sulla piscina di acqua termale che è un po’ il baricentro dell’albergo.
Messo a posto qualche bagaglio, esco fuori sul terrazzino.
Qualche grossa nuvola oscura un po’ il sole portando aria fresca e spegnendo temporaneamente i colori accesi dell’estate.

La voglia di mare è tanta. Scendiamo a fare quattro passi e ci dirigiamo verso la vicina Spiaggia dei Pescatori.
Arriviamo lì proprio mentre molti, preoccupati per questi nuvoloni, stanno raccogliendo le loro cose per andarsene. Bè non è che mi dispiaccia molto.

Per me il momento migliore per stare in spiaggia è quell’oretta prima del tramonto.
La gente va via, gli ombrelloni si chiudono e anche il mare sembra riposarsi dopo una giornata di lavoro. Riesci persino a sentire il leggero rumore della risacca sul bagnasciuga. E’ un momento magico, il confine tra il chiassoso giorno e la promettente notte.
Durante le vacanze giovanili rubacchiavo una sdraio e mi mettevo lì dove il mare bagnava i primi centimetri di spiaggia. Guardavo il sole scendere piano piano e assaporavo gli odori che portava la nascente brezza serale.
A ripensarci oggi, da “adulto” e quasi padre di famiglia, penso che quei momenti fossero quanto di più intimo e zen abbia mai provato. Chissà quando è stata l’ultima volta che l’ho fatto. Chissà cosa ne è rimasto, a parte qualche sensazione.
Però mi piacerebbe tantissimo se mio figlio potesse provare delle sensazioni del genere. La costruzione di un uomo è fatta anche di questi numerosi e invisibili mattoncini.

Dalla Spiaggia dei Pescatori si gode una vista privilegiata sul Castello Aragonese, simbolo di Ischia.
E’ un po’ come farsi il bagno nella scena di un monumento naturalistico e storico. Quanti altri posti nel mondo sono così? Non è ho idea ma dal modo in cui la gente tutta intorno prende il sole (che va e viene in continuazione) e si immerge distratta, penso che ci si abitui fin troppo in fretta alla bellezza.

Lorena si siede al riparo dalle folate di vento su un asciugamano steso vicino ad un muretto.
Io provo a mettere almeno i piedi in acqua e mi rendo conto subito che non ce la farò mai a immergermi completamente. Troppo fresca.
Il contatto con l’acqua è però piacevole, rigenerante. I bambini si tuffano e giocano quasi senza accorgersi della temperatura che si è fatta poco estiva.
Ben presto il sole va via ed anche noi decidiamo che è il momento di tornare in stanza per prepararci per la sera.

[fine terza parte]