“Calzini di polvere”

giugno 17, 2013 at 3:58 pm

Sabato 15 giugno alle ore 18.00 nel giardino dell’Hotel Europa ho presentato il mio secondo romanzo.

“Calzini di polvere”. Una bellissima storia d’amore in tempo di guerra.
E’ stata un serata indimenticabile. Desideravo una serata con i miei compagni di scuola e gli amici che ho a Ischia.
Grazie a Sandro, a Raffaele, ho potuto realizzare questa cosa semplice, leggera, molto delicata, in un posto pieno di storia, di profumi, di sapori di una volta.
Questa storia d’amore non è un romanzo di rimpianti, della vita di una volta. Volevo dare un piccolo contributo al nostro futuro, a quello della nostra isola, della nostra incantevole isola. Delle sue acque, della sua secolare accoglienza verso il turista, del suo bicchiere di vino, del suo pranzo semplice, ma pieno di sapori indimenticabili. In questa momento dove la crisi che attraversa il nostro Paese ci sta un poco allontanando dalle tradizioni, da certe emozioni che esse ci trasmettono, la mia piccola storia sta lì, ferma, a ricordare che possiamo, dobbiamo, vogliamo ritornare ad amare, accogliere, servire, insomma “Trattare”, come si diceva una volta. Ho voluto farlo ricordando a me stesso il rapporto mai interrotto con i miei compagni di scuola.
Dedico a Loro, alla signora Minichini, testimone straordinaria di amore verso la nostra isola dove viene in vacanza da oltre quarantanni, al figlio Alfonso, cui ha trasmesso lo stesso amore, a Raffaele e Sandro, proprietari dell’Hotel Europa, la poesia che la protagonista del mio romanzo dedica al suo amore lontano.

A’ Luna e’ttu
Si te voglie vedè
Nun ce vò niente
Saglio p’à ‘mbricciata
E mm’arrocco
‘Ncoppa a preta grossa d’a Sparaìna
Staje luntane?
Nun fa niente
A’llà ‘ncoppa
Je veco tutto cosa
E chello ca nun veco m’e ssonne
E a’luna
Comm’e na crastula
M’ammosta ll’uocchie tuoie
E t’aspetto senza pressa
Quanno vuò tu
Nun tengo niente
Na vesta arrepezzata
Nu maccaturo ‘ncapa
Tengo sule ‘sta priezza
E chesta vita mia
Ca voglie passà
Sempe cu ttè
Vostro
Angelo

A Ischia: io, lei e il pancione (quinta parte)

giugno 13, 2013 at 3:50 pm

[prima parte] – [seconda parte] – [terza parte] – [quarta parte]

L’unica cosa che mi secca quando sono in un albergo è il fatto di dovermi vestire e scendere per fare colazione. Sono un abitudinario.
Ho bisogno del mio posto a tavola, della mia tazza del latte, del caffè buono (dalla mia macchinetta), del mio giornale (più recentemente del tablet) e non devo essere disturbato da nessuno.
Fare colazione al Hotel Europa è meno traumatico. Qui trovo sempre le torte fatte in casa, i biscotti, le fette da tostare e le marmellate, oltre alle cose salate che piacciono tanto agli stranieri. L’atmosfera è tranquilla e i camerieri discreti non ti costringono alla conversazione se tu non vuoi farne. Posso dire che dopo casa mia, questo posto è il migliore per fare colazione.

La mattinata è piena di sole ma ancora non calda. Decidiamo quindi di fare due passi verso la vicina Ischia Ponte. Il piccolo borgo ai piedi del Castello Aragonese è veramente delizioso quando non è troppo affollato.
Ci arriviamo in pochissimo tempo anche se camminiamo sempre con la solita calma dovuta al “prezioso carico”. Il piccolo ogni tanto sembra cambiare posizione o almeno così dice Lorena. Qualche volta credo anche di averlo sentito muoversi toccando la parte centrale del pancione.

Quando arriviamo vicini al diritto camminamento che porta al Castello troviamo un centinaio di persone che suona, canta e balla. Abbiamo beccato un matrimonio ischitano!
Una delle costanti dei nostri viaggi in Italia e nel mondo è che vediamo sempre una coppia di sposi che o stanno facendo le foto o stanno per entrare in chiesa o ne sono appena usciti.
Non capisco se è la gente che si sposa sempre e ovunque o se siamo noi che abbiamo scritto nel destino che le nostre esperienze di viaggio debbano per forza essere arricchite da un matrimonio locale.
La parte “in esterna” di questo matrimonio ischitano sembra ben organizzata. Uomini in costume antico suonano strumenti d’epoca e cantano canzoni, immagino, della tradizione popolare.
Gli invitati sono disposti a cerchio intorno ai musicanti e agli sposi.
Sono tutti sudatissimi anche se mostrano un’allegria quasi eccessiva.
Credo che non ci sia peggiore maledizione che ricevere un invito per un matrimonio in piena estate.
Tanto quanto, le donne possono mettere vestiti scollati e sandali ma noi uomini siamo costretti a scarpe chiuse e giacca. Un vero supplizio.
Fatto sta che siamo all’aperto, sotto al sole, ed è estate quindi sudano tutti indistintamente.
Accanto a questo festoso e umido cerchio c’è un lungo tavolo dove dei camerieri dispongono ricchi piatti di paste cresciute, tartine farcite, panzarotti, verdure grigliate, frittatine e tanto altro ben di dio.
Quando i camerieri riempiono i piatti, il cerchio festoso si assottiglia e gli invitati sciamano verso il tavolo. Incuranti del fatto che quei cibi aumentino la sudorazione.
Quando i piatti finiscono il cerchio si ripopola di festeggianti sempre più allegri e sudati. Mentre i camerieri vanno in un vicino ristorante a ricaricarsi per un’altra tornata.

Lorena ed io restiamo lì per un po’. Il tempo di vedere due o tre migrazioni cerchio-tavolo, tavolo-cerchio poi ci incamminiamo. Ci basta guardarci negli occhi per capire che difficilmente ci verrà appetito a pranzo.

[fine quinta parte]