A Ischia: io, lei e il pancione (quarta parte)
 [prima parte] – [seconda parte] – [terza parte]
[prima parte] – [seconda parte] – [terza parte]
Se  c’è un periodo dell’anno in cui quelli che aspettano un bambino, o che  lo hanno appena avuto, sono molto distinguibili è l’estate.
Hanno sempre questo aspetto stanco, dimesso e la carnagione lattiginosa come di chi non ha mai preso sole.
Immagino che la nostra passeggiata serale nelle vie dello shopping ischitano ispirasse più di una considerazione del genere.
In giro, invece, tutti abbronzatissimi e in forma come se si stessero godendo queste vacanze estive da chissà quanti mesi.
I più piccoli euforici per una libertà che difficilmente avrebbero in città.
I ragazzi a prendersi l’aperitivo post mare, pre serale, pre tarda notte e pre tante cose che si fanno d’estate.
Quelli  un po’ più attempatelli alla ricerca del ristorante nuovo da provare,  ma sempre col golfino sotto braccio perché “non si sa mai”.
E  noi, più che mai “turisti per caso”, consci che quei pochi giorni  sarebbero stati solo una breve tregua prima di impegni più gravosi.
Con molta calma e una mezza dozzina di tappe arriviamo al porto.
Sulla banchina opposta a quella dove eravamo sbarcati qualche ora prima c’è una serie interminabile di ristorantini e locali.
Vogliamo sederci, mangiare qualcosa ma soprattutto goderci la serata.
I  gestori dei ristoranti sono tutti fuori ai loro locali, in traiettoria  di intercettazione del turista passeggiante. Una versione vagamente più  aggressiva del tassista-felino.
Passiamo  davanti al primo ristorante e il gestore ci chiede se vogliamo sedere e  mangiare del “pesce freschissimo” che, per questo motivo, lui espone  nella vetrinetta. “Perchè lui non ha niente da nascondere”. Ringraziamo  ma decliniamo l’invito per il momento.
Davanti  al secondo ristorante, il relativo gestore ci fa lo stesso invito a  sedere e mangiare del pesce freschissimo che, per quel motivo, lui NON  espone all’aria per non pregiudicarne la freschezza.
Nel pronunciare le ultime parole, alza un po’ il tono di voce.
Anche in questo caso decliniamo l’invito.
La  scena si ripete altre volte più o meno nella stessa maniera e con una  divisione equa tra seguaci e oppositori della vetrinetta.
Ci fermiamo davanti ad un locale che non sembra un ristorante.
Effettivamente è una specie di pub.
Più  piccolo rispetto ai ristoranti ma molto carino e con le candele accese  su ogni tavolino. . L’atmosfera è più rilassata e rilassante.
Seduti  ci sono solo tre coppie di pensionati tedeschi che, a giudicare dalle  voci impastate e dalle guance rosse, devono stare lì già da abbastanza  giri di birra.
Ci sediamo vicino al gruppetto  ma in modo tale che Lorena non stia troppo costretta. Il ragazzo del  locale ci porta subito dei menù e cambia la candela sul tavolo ormai  prossima alla fine.
Finalmente il vento molto fresco che ha spirato per tutto il pomeriggio è calato e la serata riacquista il tepore estivo.
Le  barche, ormeggiate a pochi metri dai tavolini dove siamo seduti,  oscillano leggermente. Ogni tanto si sente qualche rumore di parabordo  che si comprime nell’oneroso tentativo di tenerle ben separate.
Ad un certo punto, mentre il ragazzo del locale ci porta le pietanze che abbiamo ordinato, arriva una signora.
In realtà avevo cominciato ad adocchiarla già da un centinaio di metri di distanza perchè era difficile non notarla.
Abbronzatissima,  truccatissima e sovrastata da una vistosa chioma biondo platino, con  indosso abiti setosi e luccicanti che sembravano usciti da una favola  mediorientale.
L’oro era il colore dominante.  Così come l’oro era il metallo più presente su mani, polsi, collo e lobi  delle orecchie. A Napoli direbbero che sembrava la Madonna dell’Arco,  riferendosi alla statua riccamente ingioiellata della Vergine che viene  portata in giro in certe processioni.
La signora è anche lei tedesca e conosce i nostri vicini di tavolo.
Si  siede con loro con piacere e garbo ma si vede che vuole tenere una  certa distanza con quei coetanei che mostrano in maniera più evidente  la loro età.
La madonna tedesca ordina subito  una bottiglia di prosecco in perfetto italiano ed anche in questo  mostra la sua volontà di non mischiarsi con gli altri (oltre al fatto  di essere una habituè dell’isola).
Quando  stiamo per pagare e andarcene, passano due ragazzi sulla ventina. Sono  bellocci e portano magliette di un paio di misure più piccole per  mettere in evidenza i muscoli da palestra.
Si  accorgono che la madonna tedesca è seduta ad uno dei tavoli e la  salutano mandando baci e sorrisi. La madonna risponde con enorme calore.  Li conosce e manda messaggi abbastanza espliciti tra lo scalpore dei suoi commensali.
Mi sfugge un “Hai capito?!”.
Decisamente non ci sono più le madonne di una volta.
Piano piano, e commentando divertiti il colorito episodio, ci reincamminiamo verso l’Hotel Europa.
[fine quarta parte]
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